La mia esperienza torinese si è conclusa tra mille lacrime… la concentrazione di pollini in città è altissima e forse è questo l’unico motivo per cui non vedevo l’ora di ritornare a Roma. Ma non prima di aver visitato tutto il visitabile possibile nel poco tempo rimastomi. Rianimata da un’ overdose di antistaminici e armata di una consistente quantità di fazzolettini di carta, ho inaugurato il mio tour tra i mille volti di Torino.
Ad accogliermi per prima piazza Solferino, sede della nuova porta della città dove campeggiano i due “gianduiotti” realizzati da Giugiaro in occasione dei Giochi Olimpici del 2006. I due padiglioni sono da anni oggetto di polemiche relative alla loro rimozione che, a mio modesto parere, sarebbe opportuna dato che queste due enormi strutture sono lasciate abbandonate e appesantiscono l’armonia della piazza, oscurando la bellezza della Fontana Angelica delle Quattro Stagioni. Dalla piazza, lungo Via Pietro Micca (via obliqua rispetto alle altre strade squadrate del centro storico) mi ritrovo catapultata nel passato quando raggiungo la suggestiva Contrada dei Guardinfanti, una delle zone più vetuste della città, ornata da stradine strette e sinuose su cui fanno orgogliosa mostra di sé antiche e moderne botteghe, laboratori artigianali e negozi di alimentari ricchi di prodotti tipici piemontesi. La vita sembra scorrere lentamente e l’alternarsi di architetture medievali, rinascimentali e barocche restituiscono una fascinosa atmosfera indefinita avulsa dal ritmo veloce del traffico, che scorre isterico a poche centinaia di metri più in là. La contrada prende il nome dalle voluminose intelaiature a forma di campana, che gonfiavano la vanità delle gonne delle dame di un tempo.
Oltrepassata la Via dei Mercanti, il ritorno al presente è sancito dalla shoppingosa e pedonale Via Garibaldi che incrocia Via Della Consolata, al termine della quale si apre la piazza che ospita il Santuario della Consolata, dedicato alla Madonna Consolatrice, come reca l’iscrizione latina sul portale. Non è dato sapere il motivo per cui abbia assunto tale nome, quasi a voler essere lei stessa consolata. Mah, uno dei tanti misteri della Fede…Meglio “abbassarci” a tematiche più terrene per segnalare il dirimpettaio storico locale Al Bicerin, dove nacque il memorabile caffè al cioccolato e crema di latte.
Pochi passi più in là ed eccomi al centro dell’area cittadina in cui si concentra la “tendenza”, il Quadrilatero Romano, cuore della night life ricco di locali, caffè, enoteche, wine bar, ristoranti e dehors (parola ricorrente qui in città per definire i locali all’aperto). Ma il ricordo più intenso è legato al ristorante Le 3 Galline, di antica tradizione piemontese dove ho assaporato raffinati, ma consistenti antipasti e una saporitissima anatra all’arancia innaffiata da vino di ottima qualità: una gustosa e prelibata esperienza dei sensi…
Mi basta attraversare la strada e immettermi nel centro di Piazza Repubblica per ritrovarmi nella parte vitale della multiculturalità torinese. Il mio sguardo vaga smarrito tra i colori delle bancarelle ricche di frutta e tessuti di ogni parte del mondo, l’olfatto rapito dai profumi delle prelibatezze orientali, l’udito confuso dagli idiomi magrebini e levantini. E un senso di timore per le sorti del mio portafogli. Sì, il diverso mi attira, ma mi intimorisce ancora: malinconica constatazione che cerco di superare addentrandomi fino al più profondo ingorgo tra le diverse umanità in cui spicca il timido e bianco colore della mia pelle. Superato il disagio, osservo, tocco, annuso ciò che mi circonda e lo lascio dietro di me per raggiungere la porta nord, Porta Palatina e il suo circostante Parco Archeologico. Nella piazza antistante (piazza S. Giovanni) si erge la rinascimentale Cattedrale di San Giovanni Battista.
Il sole picchia forte e la fame comincia a punzecchiare lo stomaco. La cairbodrato-fobia da troppi pranzi a base di panini e piadine viene immediatamente cancellata dal ricordo di un luogo dall’aspetto biologico e naturale in cui mi attendono nuovi orizzonti culinari pseudosalutisti. A passo svelto ritrovo il ristorante Exki dove mi seduce una briosa e leggera insalata di cous cous, una fetta di torta salata al formaggio e una macedonia di ananas a rinfrescare le assetate papille gustative. Pranzo leggero, sano e nutriente. Dopo due ore c’ho di nuovo una fame, ma ometterò di proposito il momento dedicato alla succulente e calorica pausa gelato.
Quindi… dopo pranzo mi ritrovo nel centro del centro di piazza Castello dove sorge Palazzo Madama, ma la mia attenzione è rivolta alla cancellata bronzea del Palazzo Reale la cui entrata è sorvegliata dalle statue di Castore e Pollluce. Non per amore dell’arte, né per la mia conclamata passione per i miti greci (dagli antichi aedi alla mitica Pollon) bensì perché si narra che quella sia la linea di confine tra la Torino magica e la Torino diabolica nonché il luogo in cui si concentra l’energia positiva di tutta la città. Una volta trovato il punto esatto di equidistanza tra i due Dioscuri spalanco le braccia ad accogliere tutta la positività possibile. Una lunga inspirazione, uno sguardo alla barocca chiesa senza facciata di S. Lorenzo e poi via lungo i portici che ospitano gli ingressi della Biblioteca e dell’Armeria Reale fino al Teatro Regio. Sono ormai le 2 passate e non so se proseguire verso nuovi orizzonte o ridare uno sguardo a ciò che già avevo avuto modo di visitare. Mi riferisco a Piazza Carignano e al suo Palazzo che fu testimone della nascita dell’Unità di Italia, piazza S. Carlo, altrimenti detta il salotto bene di Torino, che accoglie le chiese gemelle di San Carlo e Santa Cristina, nonché il riconoscibilissimo monumento equestre a Emanuele Filiberto e infine la commerciale via Roma. Ma considerato che non ho alcuna intenzione di fare shopping, nè tanto meno quella di confondermi nella marmaglia delirante di ragazzini che sbraitano e sbavano sotto all’ingombrante palco di Amici (sì, quelli della De Filippi) che oscura le bellezze della piazza, non ho scelta, seguo la via Po che mi guida fino a una delle piazze più ampie del mondo, Piazza Vittorio Veneto. Di fronte a me il verde Po, superato il quale mi ritrovo di fronte alla chiesa della Gran Madre di Dio che, secondo un’antica leggenda, pare abbia accolto nei suoi sotterranei il Sacro Graal. La grande forza esoterica è con me e mi spinge con coraggio a inerpicarmi pedibus calcantibus lungo la ripida (va be’, non tantissimo, ma il sole picchia) salita al Monte dei Cappuccini, famoso punto panoramico su cui si erge la chiesa di Santa Maria del Monte. Stremata dalla fatica mi accascio su una panchina sotto la frescura ed è qui che medito la malsana convinzione di meritarmi un gelato a gratifica di cotanta impresa. Ma del mio peccato di gola non racconterò.
Una buona mezzoretta è quanto mi ci vuole per riprendermi e affrontare la discesa verso il Lungopo. Durante la passeggiata decido che se un giorno o in una prossima vita abiterò a Torino, prenderò casa proprio qui tra le rigogliose e verdeggianti colline torinesi, non troppo lontane dal centro cittadino.
La mia passeggiata sta per volgere al termine (sono le 4 del pomeriggio e sto camminando dalle 10 e mezzo del mattino!!!), la fermata dell’autobus che mi porterà al Lingotto è ancora molto molto lontana e mi toccherà attraversare i viali alberati del Parco del Valentino, per raggiungerla. Curato, pulito e pullulante di nonni, bambini, bikers e innamorati, il parco ridà vigore alle mie stanche membra e il contatto diretto con la natura rigogliosa appaga ogni desiderio tranne uno, ma non vi racconterò di quel gelato divorato sulla panchina di fronte al fiume. Il fiabesco Castello del Valentino, mi viene interdetto da un folto gruppo di stanchi e accaldati poliziotti, a causa del G8 dell’Università.
Manca ormai solo un’ultima tappa al mio one-day intensive city tour, l’antico Borgo Medioevale, un immaginario villaggio che riproduce gli edifici piemontesi del XV secolo. Il destino vuole che ne visiti la Rocca gratuitamente, e gliene sono grata non provando emozione alcuna in questo posticcio salto nel medioevo.
Appagante è invece la vista della sontuosa Fontana dei Dodici Mesi in stile liberty, ultimo assaggio d’arte della mia visita nella superba, elegante, ma decisamente vivace e accogliente capitale piemontese.
Torino mi ha mostrato orgogliosa i suoi mille volti e la ringrazio per questo, ma sappia che non finisce qui. Non dimentico che essa sorge nel punto in cui convergono il vertice del triangolo di magia bianca e del triangolo di magia nera. Ritornerò a scandagliarne l’anima oscura, fino ad immergermi candidamente nella sua misteriosa e inquietante atmosfera esoterica.