Nei miei tentativi spesso maldestri di coltivare il pensiero positivo, un ruolo fondamentale lo ricoprono le ingenti dosi di iperico che ingurgito quotidianamente con tanta acqua e tanta buona volontà. Effetto placebo o no, in fondo quello che conta sono i risultati, e qualcosa è cambiato.
Ciò che mi circonda è sempre uguale, la realtà è sempre quella e io ho la stessa faccia, stessa ciccia, stessi problemi, stesse difficoltà, stessi scompensi ormonali.
Ma, semplicemente, ho preso una decisione: entrare in empatia con la positività, con il pensiero benefico e costruttivo, con lo scopo di coltivare una prosperità intellettuale ed emotiva.
Il tutto da sola, al di fuori di qualsiasi setta e rigorosamente lontana da santoni, medium, evangelisti dell’automotivazione e manuali di sopravvivenza nella giungla umana. Ci sono già cascata da giovane ventenne quando, smettendo di mangiare carne, pensavo che avrei raggiunto la decima illuminazione (effetti collaterali da Profezia di Celestino). Ora sono grande e adoro le grigliate di agnello e salsiccia!
Perciò, stante il fatto che il risultato della mia vita attuale, nel bene e nel male, è il risultato delle mie azioni, condite dalla sorte, (spesso amica, spesso ostile) sono arrivata alla conclusione che il mondo non è brutto e cattivo e ciò che ritorna indietro è anche il risultato di ciò che io stessa do’ a questo mondo.
La mia vita non va esattamente come vorrei, come pensavo sarebbe andata a 34 anni, ma da un po’ di tempo riesco a vedere un po’ di bellezza ogni giorno e ho scoperto il sapore buono del salutare le persone, chiedere per favore e rispondere sempre con grazie, dire quello che penso (cercando di tenere in considerazione la sensibilità di chi mi sta davanti), fare tante figuracce ed essere anche un po’ credulona. Spesso sono costretta a fingere, per sopravvivere, ma sempre per reazione e mai per azione.
Se raggiungerò un equilibrio non lo so e forse neanche mi importa, perché è una illusione che si scontra violentemente con gli eventi della vita. Ma non voglio più pensare che è tutta colpa mia o tutta colpa degli altri. La furbata sta nel non sostituire la realtà con un’ altra fittizia e artificiosa, né tantomeno nella ricerca di momenti di spiritualità e congiunzioni con il divino che io mai potrò raggiungere in questa vita. Certo, rimane un modello di riferimento, ma non è una meta. Con i piedi fissi per terra accetto la realtà, insieme ai miei limiti intellettuali e fisici compreso un corpo un po’ ingombrante e sproporzionato rispetto al mondo (anche se in questo caso, lo confesso, ho adoperato il metodo “deep impact”: nudismo e cultura del corpo libero).
Alla fine cosa è cambiato?
Tutto e niente, proprio come quando mi sono sposata: stessa casa, stesso grande amore, stessa infinita felicità, ma dentro di me una consapevolezza in più, quella di aver avuto il privilegio di provare emozioni e sentimenti avvolgenti, quel privilegio che ti spiana la strada verso innumerevoli visioni della vita e ti stupisce suscitandoti un sorriso quando vedi un giovane coatto al semaforo, su un motorino coatto che canta una canzone d’amore coatta e non puoi fare a meno di cantare insieme a lui. Lui ti guarda, ti sorride, ma poi il semaforo si fa verde e ognuno va per la propria strada. Ma tu quel giorno hai cantato a squarciagola.