State of Play è un thriller che scorre lungo il doppio e contorto binario dell’intrigo politico e della ricerca della verità. Il giornalista, veterano old school, Cal McAffrey, del Washington Globe, partendo da un servizio su una serie di omicidi apparentemente legati alla criminalità di strada, si ritrova coinvolto in un complotto politico che vede come protagonista il suo vecchio amico Stephen Collins, ambizioso deputato che supervisiona una commissione di indagine sulle spese per la difesa nazionale.
La vecchia amicizia e un velato senso di colpa legato alla moglie di Collins, infiamma la partecipazione emotiva di Cal per la ricerca della verità. Una verità contorta, macchiata di sangue che scardina l’integrità morale di quelle istituzioni che dovrebbero garantire la giustizia del bene pubblico. E il pubblico e il privato, assetati di potere, si scontrano e confluiscono in un mare di miliardi di dollari. Ma l’acqua del mare, si sa, è salata e il sale corrode anche l’ultimo briciolo di lealtà rimasta.
Ad affinacare Cal, la giovane Della, blogger del Washington Globe, e anima di quel giornalismo multitasking che rappresenta una differente e più immediata modalità di approccio alle fonti. Ma è la strada che osserva e riferisce. Pertanto la old school e la new school, dopo uno scontro iniziale, partendo da diverse tracce, si ritrovano sul medesimo pericoloso cammino, scoprendo che l’anima dei loro linguaggi è nutrita dalle stesse motivazioni e dallo stesso scopo, il diritto alla verità.
La macchina da presa entra con impeto nella redazione del Washington Globe mostrandone la sua forza, i suoi limiti, il suo imbarazzo nei confronti del nuovo che avanza, ma ci riporta anche quel teatro di guerra, di confronto e di unione rappresentata ad arte nella camminata finale lungo il corridoio di Cal e Della.
La pellicola è molto ben ingegnata, recitata, montata e diretta. I personaggi hanno spessore e profondità che viene restituita da piccoli gesti, abitudini e dai dialoghi strutturati alla perfezione. Rari scatti e impennate, se non nelle poche scene d’azione, restituiscono la tensione narrativa della lotta contro il tempo che apre alla sensazione di stare appieno dentro la notizia.
Piccola curiosità tecnica: il film è stato girato in parte con lenti anamorfiche per restuire al meglio l’estetica trascurata, disordinata, ma densa dell’universo di Cal. Il mondo patinato e cerimonioso del politico Stephen è invece chiaramente disegnato dalla nitidezza del digitale. Le due tecniche si fondono perfettamente regalando una coerenza di stile curato e di impatto.
Un ringraziamento va a Digital PR (Donato Markingegno e Vincos) per avermi invitato all’anteprima di questo film, la cui uscita è prevista il 30 Aprile.
State of play un thriller incalzante
State of play, gioco di potere, ispirato ad una miniserie di successo trasmessa nel 2003 dalla Bbs, ricalca anche celebri film del passato come il preistorico L’ultima minaccia del 1952, del quale ripropone il finale, che scorre assieme ai titoli di coda, quando il mitico Humprey Bogart fa ascoltare il rombo delle rotative ad un gangster smascherato. In State of play un imbolsito quanto gladiatorio Russel Crowe celebra il trionfo del quarto potere, in grado di dipanare intrighi, chiarire misteri e fare giustizia, con lo scorrere frenetico dei macchinari del Washington Globe, che risuonano fragorosi come moderne trombe del giudizio.
Un richiamo inconscio e costante si avverte anche con lo scandalo Watergate, che dà il nome ad una faraonica struttura immobiliare della fantomatica organizzazione al centro della trama, la quale ambisce a commesse belliche ultra miliardarie e ad impossessarsi, privatizzandolo, del sistema di sicurezza interno degli Stati Uniti.
Crawe, nei panni del giornalista di razza, è beone, sovrappeso, capellone e indisciplinato, ma riesce a dipanare con la sua inchiesta i retroscena di una gigantesca corruzione che investe politica, industria ed esercito, la triade onnipotente che comanda non solo l’America, ma tutto il pianeta, facendoci percepire che l’ignaro cittadino ha un disperato bisogno di un’adeguata chiave di lettura per capire gli avvenimenti che lo riguardano. Le sue indagini faranno tremare le poltrone più importanti del Congresso, rivelando intrighi inquietanti, mescolati di sesso e denaro, fino al finale imprevedibile.
Scopriremo inoltre che tutto il mondo è paese, infatti mentre noi dobbiamo vedercela con mafia, camorra e ndrangheta, oltre oceano la criminalità è talmente infiltrata nelle istituzioni da confondersi con essa e la maggiore sorpresa è constatare che il napoletanissimo cavallo di ritorno alberga non solo all’ombra del Vesuvio, ma viene praticato anche all’ombra del cupolone della Casa Bianca.
Allo strapotere di una società basata unicamente sull’accumulazione di denaro, facendo leva su un puteolente amor patrio e su una miriade di militari esaltati e violenti, la storia contrappone l’utopia di un giornalismo libero capace di far venire a galla la verità e trionfare la giustizia. Una favola moderna che, mentre internet con le sue notizie in tempo reale ed i suoi blog si appresta a far scomparire la carta stampata, farà sognare, sulle ali di una eccitante fantasia, migliaia di aspiranti cronisti italiani, costretti tra precariato ed insoddisfazioni, ad un’interminabile anticamera nelle redazioni di quotidiani e televisioni locali.
Achille della Ragione