Frontiers of Interaction – Intervista al Ministro Brunetta

A dare il via alla due giorni di Frontiers of Interaction è stata l’intervista di Riccardo Luna al Ministro Brunetta che ha rappresentato perfettamente lo stato dell’ innovazione in Italia.

In tempo reale su Twitter si alternavano le domande di tutti coloro che hanno voluto costruire insieme l’intervista al Ministro.
Brunetta con difficoltà, ha tentato di districarsi tra i tanti interrogativi mettendo in luce con orgoglio il lavoro avviato dal governo per digitalizzare la PA attraverso l’utilizzo della PEC,  come se fosse questa una priorità per combattere il digital divide!
E poi il discorso imbastito sulla banda larga, azzardatamente paragonata  al sentiero di Ho Chi Minh per spiegarne la composizione di un sistema di infrastrutture complesso e capillare (O__o), è risultato un groviglio di parole riempitivo degli spazi tra una domanda e l’altra, dimostrando una disinformazione strutturale sulla materia innovazione di cui egli stesso dovrebbe esserne garante.

E’ evidente che c’è un grosso problema di comunicazione che porta la nostra classe dirigente a percepire la rete come un nemico piuttosto che come un ormai necessario strumento di ausilio alla politica stessa per governare con maggior chiarezza e soprattutto con la trasparenza che dovrebbe contraddistinguere l’amministrazione di un paese democratico.

Con la promessa da parte del Ministro che entro la fine dell’anno anche l’Italia avrà il suo portale data.gov si chiude un’intervista che ha ben restituito l’immagine di arretratezza del nostro Paese.

Non ci resta che sperare che tale impegno possa essere l’inizio di un cambiamento di rotta della politica verso la cultura dell’accessibilità dell’informazione.

to be continued


Frontiers of Interaction

Tra poche ore mi immergerò nell’Acquario Romano per respirare aria di innovazione.

Due giorni di seminari e workshop con Forntiers of Interaction.

Mi aspetto sorprese, delusioni, scenari inusuali e tanti nuovi spunti di riflessione. Ma soprattutto attendo con entusiasmo lo Spime Design workshop e  il racconto dell’evoluzione del concetto di sincronicità intesa come portatrice di conoscenza.

Ma si parlerà anche di Geek advertising, Social Usability e Talkology.

La macchina dell’interazione sta scaldando il motore per sfrecciare lungo la strada del cambiamento e la tecnologia sta assumendo sempre più il volto delle relazioni umane!

Stay tuned!

Ricetta: “Cuori di spinaci e ricotta coccolati da un abbraccio di verza”

Ciò che mi ha convinto definitivamente a unire per sempre la mia vita all’uomo che ho impalmato, sono state le sue abili doti culinarie che ben si sposavano con le mie abili doti da commensale.
Ma il sogno ormai si è infranto e da tempo mi sono dovuta appropriare della parannanza per sfamare con dignità il marito soffocato dal lavoro!

Da quando ho lasciato mammà anni or sono, sono diventata campionessa mondiale di apertura scatolette di tonno e i cibi preconfezionati e le pizze surgelate hanno regnato sovrani sulla mia tavola monoposto minimalmente imbandita.

Sono stata prima single trascurata, ma sazia e felice, poi moglie viziata dalle prelibatezze di alta cucina del coniuge, ora “femmina di casa” armata di mattarello e “cucchiara” pronta a vincere la mia battaglia contro la sciatteria gastronomica!

Dopo paste scotte, condimenti insipidi e minestre dimenticate sui fornelli, si iniziano a vedere i primi accettabili risultati.

Ecco perché ho deciso che da oggi condividerò le ricette di cui mi ritengo soddisfatta.

Il piatto di oggi l’ho battezzato “Cuori di spinaci e ricotta coccolati da un abbraccio di verza“.

Per le dosi purtroppo non sarò precisa, perché il “segreto del mio successo” è l’arte del copia, mescola e incolla: guardo cosa ho in frigo, smanetto su internet, cerco le ricette che più mi sfiziano, le mixo secondo una concordanza di sapori dettata dal mio intuito (opinabile!), eventualmente vado a comprare gli ingredienti che penso che possano coniugarsi con tale gusto, e improvviso!

Ovviamente cucino per due!

INGREDIENTI:

verza
ricotta (di pecora o di mucca)
eventualmente ricotta forte
1 uovo
sale e pepe
anche del brodo (dado o polvere)

Come si può notare (a parte la ricotta forte che è un optional), gli ingredienti si presentano ipocalorici ma gustosi!

PREPARAZIONE:

Ho fatto bollire degli spinaci in acqua salata e brodo, una volta scolati ben bene ho aggiunto un uovo, della ricotta di pecora, della ricotta scante (a.k.a  ricotta forte) – l’ho messa perché da brava pugliese il barattolino in frigo è un must, ma si può anche mettere solo la ricotta normale, pure di mucca – e ho mescolato il tutto e tritato ben bene. La poltiglia ottenuta è il cuore del nostro piatto! Ah, ci vuole anche il pepe ed eventuali correzioni di sale!

Nel frattempo ho fatto sbollentare in acqua salata delle foglie grandi di verza per 10 minuti circa.

Le ho scolate, asciugate in un canovaccio e poi ci ho messo al centro una palloca di spianaci e ricotta, il cuore del piatto! Vi ho avvolto ciascuna foglia a mo’ di involtino, messo in una pirofila e spolverato tutte le pallotte con del formaggio pecorino (ma se c’avete il parmigiano o il grana o la ricotta salata va bene lo stesso, basta saperlo prima per regolarsi col sale!).

Poi ho messo la pirofila nel microonde (secondo me si può fare pure nel forno normale, ma a quel livello non ci sono ancora arrivata) per 10 minuti e poi altri 10 con la funzione grill per far sciogliere il formaggio spolverato sopra (in realtà speravo facesse la crosticina, ma così non è stato).

Ta da! Il piatto è pronto!

Il marito dal palato esigente (pure troppo, dato che considera triste un verace piatto di pasta al pomodoro e basilico che io invece assurgo alla gloria culinaria) ne è stato talmente soddisfatto che mi ha convinto a raccontarne pubblicamente.

Con tutta la modestia possibile della principiante, spero possiate fare buon uso di questa ricetta, magari migliorarla (in tal caso fatemi sapere) e conquistare qualche palato raffinato!

LOST, See you in another life, then!

“What lies in the shadow of the Statue?”  “Ille qui nos omnes servabit.”

E adesso, all’ombra del gran finale, chi ci salverà dall’astinenza da LOST?

Lost è stato un compagno fedele in questi sei anni. Insieme abbiamo condiviso momenti di tensione, suspance, dolore, stupore e attimi di stordimento. Lo abbiamo amato, cercato disperatamente, atteso che ci rivelasse lentamente i suoi misteri, ma dietro ai piccoli barlumi di verità ci ha rivelato ulteriori arcani, simbologie e rompicapo filosofico/esistenziali.

Ad ogni modo, sin dal pilot, il tocco magico di Jacob ha sfiorato ciascuno di noi risucchiandoci inevitabilmente nell’isola per affrontare un lungo viaggio interiore tra momenti di spiritualità, spiegazioni fantascientifiche e abbandono totale all’emotività.

In ogni personaggio abbiamo trovato una parte di noi stessi, un nostro difetto, una frustrazione, una comunione di sensi, un ideale di esistenza. Abbiamo amato prima l’uno, poi l’altro, ci siamo sentiti da essi traditi e riconquistati, fino a non poter fare più a meno di loro.

E adesso che non ci sono più, ci sentiamo abbandonati, delusi dalla mancata risoluzione drammaturgica di tutti i quesiti, avvolti da questa luce mistica e spirituale rappresentata con tutti i luoghi comuni della banalità e del sentimentalismo, cirocondati da quadri approssimativi e superficiali lontani da quella complessità e profondità a cui ci avevano abituati.

Lost l’ho amato col cuore e con la mente, e ho sofferto per il finale, per le spiegazioni non date e per quell’inevitabile abbandono al quale forse non ero pronta e che più mi ha emozionato nel momento in cui Vincent si accuccia davanti a Jack scrivendo figurativamente la parola fine.

Ma qualcosa rimane per sempre, le persone con cui abbiamo condiviso questa esperienza, una grande community legata dalla passione per questo un lungo racconto che ci ha accarezzato con i grandi interrogativi sull’ineluttabilità del destino e sulla forza del libero arbitrio, sul legame tra scienza e fede, sui confini tra il Bene e il Male, sulle ombre che risiedono in ciascuno di noi.

In qualche modo il destino ci ha fatto ritrovare in questa sideways reality e abbiamo dato vita a una community in cui ciascuno, connesso l’un l’altro, ha condiviso idee, visoni del mondo, teorie, conflitti interiori e momenti di ridanciana complicità come la Maratona Lost.

Una delle tante esperienze di vita reale in cui incontriamo tante  persone che si oppongono al nostro cammino, che ci aiutano, che dicono una sola parola, quella giusta, persone che evocano la nostra parte più oscura, altre che ti stupiscono rivelandoti la bellezza del tuo mondo interiore. Le amiamo e le odiamo e questo legame durerà per sempre al di là dello spazio e del tempo. Qualcuno resterà per tutta la vita, di qualche altro rimarrà solo il ricordo, ma tutte avranno lasciato delle tracce indelebili nella nostra vita. La vita è un luogo che si costruisce insieme.

“This is a place that you all made together so that you could find each other”  (Christian Shephard)

Davide Enia al Salone del Libro

Tra editoria indipendente, colossi editoriali, rivoluzioni digitali, noiosissime lectio magistralis, intellettualismi e vippume vario, si chiude oggi il Salone del Libro.

Ho passeggiato con tutta la calma possibile tra i vari stand, ho assistito a incontri e conferenze, ho conosciuto persone nuove e interessanti e ho chiacchierato e chiacchierato senza fine.

Ma il momento più emozionante, al di là della beatitudine dei sensi ad ogni giandiuotto che si scioglieva lentamente in bocca ammantandomi di gaudio supremo, è stato lo spettacolo di Davide Enia.

L’incontenibile cantastorie siciliano mi conquistò già l’anno scorso sempre qui al Salone. Quest’anno mi ha inebriato di emozioni col suo intenso monologo che consacra la partita che nel 1982 vide l’Italia trionfare contro il Brasile dei miti.

Accompagnato da chitarra e percussioni, Davide ti trascina nel ricordo degli eventi salienti di quell’anno e ti conduce per mano nella consuetudine della cucina della sua casa a Palermo dove si riunivano, secondo precisi riti propiziatori e scaramantici, famiglia e amici davanti al leggendario Sony Triniton, status symbol dei goliardici anni ’80.

Davide riesce ad alternare, con una delicata armonia, intensi momenti festosi e farseschi e lunghi attimi di profonda commozione,  srotolando un energico racconto epico e popolare che ha per protagonisti i calciatori, simboli eroici delle virtù italiche, capaci di riunire gli italiani tutti sotto la bandiera dell’orgoglio nazionale.

Un racconto ritmato intarsiato da noti struggenti che mi ha condotto attraverso le suggestioni della mia infanzia quando, in quei caldi mesi del lontano ’82, indossavo con orgoglio la magliettina di Naranjito cantando a squarciagola sul piazzale della nostra vecchia casa in campagna, Tanz Bambolina di Alberto Camerini.

Un orango si aggira per il Salone del Libro

Sono gli oranghi dell’ Indonesiana a rischio estinzione a causa dei milioni di ettari di foreste che vengono distrutte ogni anno nel sud est asiatico per la produzione della carta. Spesso sono operazioni illegali e incontrollate ad uso e consumo delle grosse multinazionali della carta, che oltre all’estinzione di importanti specie animali, creano grossi conflitti con le realtà locali e accelerano il cambiamento climatico causando grandi emissioni di gas serra.
Greenpeace, in occasione del Salone del Libro di Torino, ha dato vita a un’iniziativa che coinvolge l’editoria del nostro paese e ha deciso di stilare una classifica da cui emerge che il 75% degli editori italiani non conosce la provenienza della carta con cui produce i suoi libri.

L’Italia è il più importante acquirente di carta indonesiana, ma a quanto pare, la maggioranza degli editori sembrano ignorare questo fattore.

Solo alcuni editori hanno scelto di utilizzare carta ecosostenibile, altri non se ne sono neanche posti il problema, altri ancora si sono rifiutati di fornire informazioni a riguardo.

Uno dei volontari che ha indossato per ore il pesantissimo e caldissimo costume da orango, mi ha appena raccontato che la gente, alla parola Greenpeace, risponde con curiosità,  accetta con un sorriso il loro volantino e spesso si presenta allo stand (PAD 2 F133) per chiedere ulteriori informazioni.

Speriamo che questa operazione possa in qualche modo sensibilizzare gli editori italiani a intraprendere una politica ecosostenibile che non solo non comporterebbe alcun costo aggiuntivo, ma al contrario li renderebbe complici di un grosso progetto d’amore e rispetto per il nostro pianeta.

Per maggiori info c’è un bell’articolo su greenme.it.

Wikipedia offre un panorama dettagliato sugli effetti dei mutamenti climatici sia per quanto riguarda quelli causati dall’uomo sia quelli relativi alla naturale evoluzione del nostro pianeta.

UPDATE: Questa mattina gli attivisti di Greenpeace hanno messo in atto una dimostrazione di protesta allo stand della Feltrinelli per ricordare il disinteresse della casa editrice per i temi dell’ecosostenibilità. Qui troverete tutte le immagini.

Le Invasioni Mediatiche al Salone del Libro

La novità di quest’anno del Salone del Libro è lo stand Invasioni Mediatiche dove non poteva non avere luogo la presentazione dell’iPad, ma anche dei principali modelli di e-book reader, dal Kindle ai vari modelli di Cybook.
Anche i più scettici avranno finalmente la possibilità di sperimentare dal vivo la fruibilità dei contenuti digitali e la godibilità delle interfacce amichevoli dei differenti device. Si parlerà di didattica, di nuove prospettive per la scuola e per l’università, per le aziende e per le pubbliche amministrazioni.

Domenica alle 17.00 Antonio Tombolini di Simplicissimus Book Farm illustrerà nel dettaglio i segreti dell’inchiostro elettronico durante il Simplicissimus e-book Show.

Se vi incuriosisce osservare la gente alle prese con gli e-book reader potete collegarvi al canale livestreaming di Simplicissimus, PAD1 E83!

Di editoria digitale si è parlato ieri durante l’incontro Che fine farà l’e-book. Tra libri di carta e applicazioni digitali a cura di AIE (Associazione Italiana Editori) e Salone del Libro dove, tra statistiche di vendita ed elaborazioni di scenari futuribili, si è parlato di una visione non oppositiva, ma tutt’al più collaborativa e di pacifica convivenza tra la carta e i contenuti digitali. In altre parole gli e-book forniranno nuove prospettive di lettura e anzi concorreranno ad ampliare la fascia di lettori, soprattutto quella dei nativi digitali.

Ma ciò che più interessa agli editori è delineare un modello di business appropriato in relazione alla determinazioni di DRM, Social DRM, piattaforme di vendita e royalities agli autori.

Ma nel frattempo il mercato va avanti e Ibs crea un canale dedicato all’acquisto dei libri digitali in lingua italiana. 400 titoli in formato ePub e Pdf.

La distribuzione avverrà tramite  STEALTH la piattaforma di Simplicissimus Book Farm!

Per approfondire l’argomento c’è un bell’articolo di Wired.

L’India al Salone del Libro di Torino

Oggi si è inaugurata la ventritreesima edizione del Salone del Libro di Torino.
Tra costanti e novità, il filo conduttore di quest’anno è la Memoria e il suo ruolo all’interno di un presente sfuggente che, con fatica, rincorre un futuro in continua evoluzione e cambiamento.
Ripercorrere il nostro passato,  anche attraverso la più facile accessibilità che la cultura digitale offre, è il punto di partenza ideale per riflettere sugli scenari futuribili della nostra civiltà.
A offrire delle risposte e delle prospettive a riguardo interverranno grandi e illustri rappresentanti della cultura internazionale tra cui i finalisti del Premio Salone del Libro che quest’anno sono Paul Auster, Carlos Fuentes e Amos Oz.

L’India, con i suoi scenari esotici ricchi di contraddizioni e di sorprese, è il paese ospite che svelerà, attraverso i suoi autori, i segreti di un popolo spontaneamente connesso al divino e di una nuova economia in rapido sviluppo.

Ad aprire il primo dei tanti incontri è stato Sudhir Kakar romanziere e saggista, nonché psicoanalista, che racconta l’ amore e il misticismo tra le contrapposizioni della sua terra, ma anche le costanti che uniscono il popolo indiano nella spontanea tendenza alla spiritualità e alla percezione di se stessi in rapporto alla natura e all’ Universo e della forte unità tra il corpo e la psiche nella consapevolezza di sé.

Ma la Fiera ospiterà anche un’ altra rappresentante importante della realtà indiana, la coraggiosa Sampat Devi, fondatrice del movimento del «Sari Rosa» che lotta per la valorizzazione della donna contro la sua riduzione ai margini della società.
E ci sarà spazio anche per Amruta Patil che presenterà la prima graphic novel indiana al femminile, la storia d’amore struggente di due donne, Kari e Ruth, tra gli scenari metropolitani della Mumbai contemporanea.

Da sempre i mille volti dell’India esercitano un enorme fascino sul mondo occidentale dalla pratica della nonviolenza di Ghandi all’ invito di Tagore a pensare col cuore.
Scrive Tagore in Personalità (1917)”…Quando la vita era semplice, tutte le facoltà dell’uomo erano in perfetta armonia; ma da quando fu separato l’intelletto dallo spirito e dal fisico, la scuola trascurò completamente lo spirito: mirando unicamente a fornire delle cognizioni, accentua lo squilibrio delle facoltà. Io credo in un mondo spirituale, non come cosa staccata da questo mondo, ma come la sua più intima essenza“.

Non ci rimane che cogliere le opportunità che le più evolute forme di comunicazione ci offrono nella facilità di condivisione delle informazioni, e aprirsi al recupero della propria Memoria storica e dell’indentità culturale al fine di cercare la costante universale che accomuna l’umanità tutta.

Chi sei tu, lettore che leggi

le mie parole tra un centinaio d’anni?

Non posso inviarti un solo fiore

della ricchezza di questa primavera,

una sola striatura d’oro

delle nubi lontane.

Apri le porte e guardati intorno.

Dal tuo giardino in fiore cogli

i ricordi fragranti dei fiori svaniti

un centinaio d’anno fa.

Nella gioia del tuo cuore possa tu sentire

la gioia vivente che cantò

in un mattino di primavera,

mandando la sua voce lieta

attraverso un centinaio d’anni.

[da R. Tagore, Il Giardiniere 1913]

GGD Roma: una di loro!

Non è passato neanche un mese da quando le ragazze mi hanno chiesto di entrare a far parte dello staff e ora mi ritrovo piacevolmente immersa in mille cose da fare e organizzare. Tante idee, progetti, collaborazioni, tutti accomunati da un’unica missione: scambiare e promuovere contenuti relativi a tecnologia, informatica e nuovi media coniugati al femminile!

Sto parlando delle Girl Geek Dinners Roma! Donne entusiaste che cavalcano l’onda del cambiamento e usano la tecnologia per lavoro, per la vita privata e per tutti gli usi necessari a creare e a diffondere nuove idee e per ottenere una riconoscibilità all’interno di un ambiente prevalentemente maschile. Far parte del team GGD per me è un onore e un impegno a portare avanti con determinazione questa missione.

Ecco cosa ci piace fare: condivisione delle informazioni, networking, formazione riservata a donne desiderose di scoprire le novità dell’era digitale, dare voce alle realtà romane femminili che chiedono solo di essere valorizzate. Si parla di ecosostenibilità, imprenditoria femminile, marketing, social network, comunicazione 2.0 e tutto ciò che riguarda gli scenari futuri del mondo che cambia.

Il mio battesimo ufficiale è avvenuto venerdì scorso durante Ignite Italia dove in 20 slide e 5 minuti ho presentato le GGD Roma.

Adesso c’è solo da lavorare per la prossima GGD#5 il cui tema è donne ed imprenditoria nel sociale.

Ma prima ancora, partecipate con noi alla Race for the Cure!

Stay tuned!

More info: girlgeekdinners.com

Agorà – Ipazia

L’agorà è il luogo di condivisione della conoscenza e nell’agorà la stessa libertà di pensiero viene distrutta dalle lotte fratricide in nome del fondamentalismo religioso.
Lotte che si perdono nella descrizione di una battaglia che racconta la violenza esclusivamente attraverso la messa in scena della violenza, come se fosse questa l’unica via per rappresentare la barbarie e l’involuzione che di lì a poco avrebbe portato a un forte oscurantismo intellettuale intriso di dogmatiche visioni religiose.
Le immagini del film Agorà di Amenábar sono dei quadretti perfettamente sceneggiati attraverso abilità tecniche e produttive, ma sterili e prive di quella dimensione umana che è protagonista assoluta di questa pellicola.

Ipazia, filosofa e astronoma dell’Alessandria d’Egitto del IV secolo, perseguitata dai cristiani perchè donna empia che afferma con orgoglio di credere solo nella ragione nella filosofia, da ideale di amore per la scienza e per la divulgazione di civiltà, diventa ella stessa vittima della scienza che le impedisce di scoprire la parte più intima della sua natura di donna colta e raffinata. Ipazia non trova dentro se stessa lo spazio per la commozione, per la condivisione dei sentimenti e per il suo lato più umano. Ipazia, accecata dall’ossessione per la verità, è immune da ogni passione, come se l’amore mal si coniugasse con le speculazioni scientifiche. Ipazia si perde nei dialoghi elementari e modesti che non evocano alcuna emozione e che non suggeriscono una logicità al racconto di un tema, lasciandoti l’amaro in bocca per la mancata occasione. Ipazia muore per i suoi ideali, ma viene sacrificata per la sete di vendetta di Cirillo nei confronti di Oreste. A far da protagonista alle vicende sembra essere più l’amore di Oreste che una profonda riflessione tra scienza e fede. Ci si perde nella messa in scena, le riprese virtuosistiche si raccontano a se stesse dimenticandosi del confronto e della riflessione filosofica sulla laicità del pensiero.
Le inquadrature dall’alto e i campi lunghissimi ridondanti rivelano un film sconnesso privo di fluidità e di corposità. Non emoziona, non commuove e non rende giustizia alla donna di scienza che fu Ipazia.

UPDATE:  Scambiarsi opinioni in rete è un valore aggiunto alla riflessione al quale non potrei mai rinunciare e, grazie a tale scambio, Giovanna Koch mi fa notare che “Un film è anche un atto culturale oltre che un’espressione artistica e Agorà è particolarmente originale a riguardo. Quanto all’amore che si oppone alla ricerca scientifica per le donne… Be’, è ancora vero. Carriera contro figli, indipendenza intellettuale contro solitudine, mi paiono contrasti attualissimi.”

Purtroppo rimane un po’ d’amarezza sia per la messa in scena debole sia per la modalità in cui viene raccontata Ipazia. Ma mi auguro che il cinema e, perché no, anche la fiction televisiva, conferiscano sempre più spazio alle donne della scienza e della storia che hanno lasciato un segno nell’evoluzione della nostra umanità, ma anche alle tante donne “invisibili” che quotidianamente, nella loro molteplicità di ruoli, restituiscono solidità al tessuto sociale.