“Ora viene la dolcezza della sera,
Riempite la coppa e passatela in tondo”
William Shakespeare
Il vino, con i suoi sapori cangianti, mi ha accompagnato in un viaggio tra i suoi profumi, inebriata anche dal piacere di condividere questa esperienza con le ragazze di Hagakure e con alcuni foodblogger romani.
Ieri sera, infatti, ho partecipato all’evento Voiello ” A Roma con il vino“.
Il vino è stato protagonista assoluto, ma ha espresso il meglio di sé abbinato a tre differenti portate a base di pasta.
Perché il vino ha una sua personalità anche bevuto da solo, ma accompagnato da buon cibo sa essere davvero sublime.
Come in amore, anche in tavola l’alchimia dei sapori è data da un corretto abbinamento e oggi, grazie alla professionalità e alla simpatia della sommelier Eleonora Giglio, il mio palato è un po’ più raffinato e pronto ad accogliere questa sinfonia di sapori con maggiore consapevolezza.
Sul tavolo ciascun piatto si è congiunto con un vino dalla forte identità visiva, olfattiva e gustativa.
Ed ecco che i Vermicelli con gallinella e santoreggia si ravvivano all’incontro con un Perdaudin – Roero Arnais, i Fusilli bucati corti alle sarde e finocchietto si abbandonano all’Occidens – Terzavia Renato De Bartoli e gli Schiaffoni con ragù di agnello al rosmarino rinnovano il loro vigore con un Cagnulari – Isola dei Nuraghi.
Abbinamenti preziosi e raffinati, una morbidezza dei vini tale da preparare la bocca ad accogliere, di volta in volta, sapori differenti.
La consistenza che determina il grado alcolico deve essere perfettamente bilanciata alla persistenza, che è quel gusto, quel sapore che continua a perdurare in bocca.
Ecco perchè spesso vediamo i sommelier roteare il calice. Studiano la circonferenza che il vino lascia sulle pareti con le sue goccioline (tecnicamente dette lacrime) che scendono, più o meno lentamente, disegnando piccoli archetti.
Più archetti e quindi più gocce che scorrono con lentezza, maggiore sarà il grado alcolico.
Un buon vino pertanto ha il compito di conquistare l’armonia tra persistenza e consistenza al fine di accompaganre onorevolmente un buon piatto.
I vini si abbinano al cibo per contrapposizione o per concordanza.
Per piatti molto grassi come il salmone per esempio l’ideale sarebbe un vino frizzante, poco consistente.
Un radicchio, dal gusto amaro e deciso, predilige un vino morbido dalla discreta alcolicità, un bistecca alla piastra il cui grasso si scoglie, può esaltare la sua untuosità con un vino delicato e non troppo alcolico.
Nel caso dei dolci è preferibile un abbinamento per concordanza, ma anche in questo caso bisogna tenere in considerazione la tipologia del dolce. Per quelli cioccolatosissimi (dal 70% in su) sono preferibili il Porto, lo Sherry o l’Ala siciliano. Le paste lievitate invece prediligono gli spumanti e le torte cremose e a sfoglia gradiscono vini non troppo dolci ma dal tasso alcolico impegnativo.
I gelati e i sorbetti sono dolci indipendenti la cui temperatura fredda abbatterebbe il sapore del vino.
D’ora in poi, tutte le volte che mi troverò di fronte a un calice di vino ne osserverò la limpidezza nel tentativo di scoprirne l’età e la tipologia, mi abbandonerò ai suoi profumi e fingerò di riconoscerne il vitigno, il modo in cui è stato affinato, se in botte, se in acciaio, e, infine, ne assaporerò il gusto, riceverò le sue sensazioni tattili e aspetterò che la mia bocca si preparari ad accogliere un buon piatto di prelibatezze.
“Come si ricorda il sapore del vino quando il bicchiere
Ed il suo colore sono ormai perduti”
Kahlil Gibran