New York: diario di viaggio (parte prima)

times-square-centralDopo 9 ore di viaggio finalmente sbarchiamo al mitico JFK Airport nel cuore del Queens. Il Queens è uno dei distretti che compongono la città di New York , gli altri sono il Bronx, Staten Island, Brooklyn e il cuore della city, Manhattan. Al centro del centro della ‘isola, precisamente a Times Square, c’è il nostro albergo, struttura alquanto sgarrupata e modesta, ma pulita, centralissima (Midtown) e dotata di Wi Fi!!!
La nostra prima passeggiata ormai nel tardo pomeriggio, si è snodata lungo la luccicante Broadway, il leggendario quartiere che dà vita ai grandi personaggi dei musical da Mary Poppins, al Fantasma dell’Opera, da Shrek al giovane Billy Elliot. Ma questa notorietà se la fanno pagare cara!!! Perciò credo che rimarrano volti sorridenti su cartelloni giganti. La gente corre e corre, ognuno ha una meta precisa, solo io alzo lo sguardo verso il cielo e mi sento inghiottire dai grattacieli sbrilluccicosi. Ma mi piace, sentirmi piccola piccola è una sensazione che non provo mai, perciò me la voglio godere! Divento subito amica dei grattacieli.
La serata ormai volge al termine e non ci resta che porre fine alla stanchezza con un grassissimo cheesburger e patatine fritte ketchupose. Con la panza soddisfatta, abbandoniamo gli sfarzi della città che non dorme mai e ci rintaniamo nella nostra minuscola stanza d’albergo.

L’indomani, domenica, la sveglia suona presto…troppo presto. Alle 5 ho gli occhi sbarrati, Marco dorme beatamente. rimango a letto, pensando tanto prima o poi mi riaddormento...ma nulla di fatto. Le 8 arrivano presto e siamo già pronti per la colazione. Cappuccino e muffin da Europa cafè, ora comincio a intendere e volere. Usciti dal bar i grattacieli ci sovrstano con imponenza, ma in fondo siamo noi gli intusi, perciò faccio loro l’occhiolino e timidamente ci facciamo largo tra le stradine della metropoli fino a raggingere il posto della domenica, che non è una chiesa, a parte la piccola visita alla St. Patrick Church, ma è il cuore verde di New York, Central Park!
Tipologie di umanità differenti animano i sentieri che si sviluppano tra gli alberi di olmo, felci e piante tropicali. Una ragazza di colore canta a squarciagola mentre volteggia su pattini ani’80, breakers e skater si esibiscono in acrobazie ardite, e poi musicisti jazz, suore che battono il tempo della musica, bambini che si rincorrono, ragazzi che si baciano, uomini e donne che passeggiano col proprio cane. C’è chi cammina da solo lentamente immerso tra i propri pensieri, ch fa jogging con l’immancabile Ipod, poliziotti a cavallo e bici che sfrecciano impazzite sulle piste ciclabili. Sono felice, abbraccio mio marito e come una bambina entusiasta e curiosa  mi inoltro nello zoo, alla ricerca dei pinguini. Li trovo, sono tanti e si tuffano come saette nell’acqua, ma non ci sono nè Melman, nè Alex, nè Gloria, nè Marty.

Durante la passeggiata vengo rapita da una soave armonia musicale,  note corpulente escono dalla voce di una ragazzetta caruccia, dai capelli rubini che intona con vigore Over the Rainbow…forse da un momento all’altro sbucherà Dorothy da dietro un cespuglio alla ricerca della strada con i mattoni gialli, mi guardo intorno, ma non la trovo, faccio 2 passi ancora e mi ritrovo negli  StrawberryFields. Ci mettiamo a cantare, è inevitabile.

Usciamo da Central Park e ci ritroviamo nella chicchissima Central Park West Avenue, dove si affacciano le palazzine delle celbrità. Davanti a ogni portone  la classica tenda che si allunga fino al ciglio della strada…e il portiere in livrea che sorride ai visitatori aprendo loro lo sportello della macchina e guidandoli fino all’entrata.
La gente che passeggia lungo il viale sa di essere ricca e si muove con consapevolezza con i loro chiwawa al guinzaglio e chili e chili di silicone a riempire quelle maschere che ricoprono i volti delle signore che in gioventù dovevano essere molto diversi.
La fame si fa sentire, non ci resta che buttarci sul solito e calorico cheesburger e, mentre lo addentiamo, entrambi sappiamo che non sarà l’ultimo della vacanza.

Poi il vento freddo! Ci rifugiamo al Virgin Megastore e al mega centro di Toys R Us dove una ruota gigante raccoglie grandi e piccini. La tentazione è grande, ma questi 4$ me li posso risparmiare. Ci sono stata da poco su una ruota panoramica, ero a Mondello e vedevo il mare.

Ma è arrivato il momento di compare un paio di scarpe, la scusa pronta ce l’ho,  ho bisogno di un paio comodo per camminare, domani mi aspetta una lunga  e solitaria scarpinata per le vie di Manhattan! Attacco bottone con tutti i commessi, mi piacciono i newyorkesi, je và de chiacchierà e a me me piace de parlà co l’estranei!

Sfatti e provati, alle 6 p.m. ritorniamo in albergo per una pausa-riposino. Ma il riposo del guerriero ha annientato persino l’istinto primordiale della fame, cosa in me più unica che rara. Marco mi lascia narcolettica in albergo e si rimedia una cena frugale in una Times Square perennemente luccicante e piena di umanità.

I miei ritmi circadiani sono totalmente compromessi, dormo dormo e dormo. Maledetto jet lag!

2 pensieri su “New York: diario di viaggio (parte prima)

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