Il 5 giugno 2007 presso la Sala Convegni del Burcardo (SIAE) è stata data voce a un’esigenza: fare gruppo!
È arrivato il momento di farsi sentire condividendo l’esperienza della scrittura alla luce di una scuola Romana del Giallo che riunisca gli autori del genere che, come stato detto dallo stesso organizzatore Biagio Proietti, “bazzicano” a Roma.
All’incontro erano presenti il suddetto Proietti, Massimo Mongai, Massimo Pietroselli, Maurizio Testa, Nicola Verde, Luigi De Pascalis e Giulio Leoni.
In quest’incontro preliminare si è voluto “gettare un sasso nello stagno”, lanciare una provocazione ai cultori della letteratura di genere, autori compresi. Si può parlare con consapevolezza di una Scuola Romana del Giallo?
Nella sua presentazione Massimo Mongai ha dato i numeri relativi al forte incremento che la letteratura gialla e noir ha avuto nel nostro paese. Dai 167 titoli del 1994 si è passati ai 1150 del 2005 e nello specifico la percentuale dei titoli italiani è cresciuta dal 7% al 38% in poco più di 10 anni.
Questi dati incidono notevolmente anche sullo sviluppo delle piccole case editrici che ampio spazio dedicano alla letteratura di genere, che sta finalmente affermandosi con una sua identità forte e di tutto rispetto nel panorama culturale italiano.
Almeno dal punto di vista dei fruitori. Perché spesso ancora si parla di come la letteratura di genere venga usata dagli stessi autori come trampolino di lancio verso il mainstream.
Ed ecco che il giallo viene pian piano contaminato dall’esigenza di raccontare anche altro allargando i propri confini a universi prima d’ora esclusi dal genere.
Come conferma Maurizio Testa “il giallo è meno giallo di prima”.
Ad avvalorare la dignità del genere, citando l’idea di Poe del racconto giallo come “macchina perfetta”, ci pensa Massimo Pietroselli ripercorrendo le tappe del giallo da quello classico al thriller, passando per la suspence, fino a quei racconti in cui la fa da protagonista quel senso di “nero dell’anima” che caratterizza il noir.
Giulio Leoni dà la sua definizione di giallo moderno come un modo di raccontare la lacerazione della società in cui non c’è più una violazione della legge di Dio, ma della legge umana da cui scaturisce il desiderio di giustizia.
Stabilita la nobiltà morale del giallo, che cosa accomuna gli autori romani e li distingue dalle altre scuole? La risposta è: nulla! Ma chi se ne importa!
Mentre Giulio Leoni propone un’atmosfera di riconoscibilità ancora tutta da definire, la gioia della convivialità si diffonde nella platea e prende il sopravvento sdrammatizzando, con fare tutto romano, l’obiettivo ormai non più primario di attribuzione di un’etichetta. Ed ecco finalmente trovato il primo punto in comune!
Come porsi nei confronti del poliziesco, gotico, horror o i vari generi contaminati? Tra una semplicistica e onnicomprensiva etichetta Mistery e l’ improvvisa orticaria suscitata in Mongai dalla parola “contaminazione” non si è riusciti ancora a dare una risposta al quesito che dovrebbe rappresentare il primo punto di un supposto Manifesto della Non Scuola Romana.
E ancora: cosa intendere per romano? Nati a Roma, cresciuti nella capitale? Roma quale ambientazione delle storie?
E tra i racconti nostalgici di Alberto Ciambricco (aka padre del tenente Sheridan) e la riesumazione di vecchie associazioni culturali, il languorino diffuso alla notizia dell’aperitivo imminente convoglia tutti verso il cortile predisposto a un ricco buffet.
Tra sorrisi, chiacchiere e bollicine di prosecco, il primo mattone è stato posto:la sostituzione della parola “Scuola” con “Gruppo” o “Banda” speriamo armata di una forte iniziativa che, senza incappare negli snobismi da lobby, riesca a dare voce all’esigenza di chi ha voglia di raccontare non solo per hobby ma anche per passione.
Cara Paola, l’importante è raccontare per hobby e non per lobby.
(terribile, ma a voce sembrava migliore: lo scritto appesantisce.)
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