Tra le varie masterclass e i soliti convegni sullo stato della fiction italiana, un incontro interessante è stato probabilmente quello sulla crossmedialità, che però ho potuto seguire solo nella parte finale durante la presentazione del progetto documentaristico Giallo a Milano.
Giallo a Milano nasce come un viaggio nella Chinatown del capoluogo lombardo, attraverso i volti, le vite e le storie raccontate in prima persona da chi, in quella parte di città ha portato i propri sogni, ideali, paure e le innumerevoli difficoltà di integrazione che a volte esplodono in quegli scontri che contribuiscono a colorare l’immagine distorta regalata dalla disinformazione mediatica.
Giallo a Milano è uno sguardo schietto di un regista italiano, Sergio Basso, che parla la lingua dei suoi interlocutori e che è in grado di restituire la complessità di un universo enigmatico e dalle mille sfaccettature non solo attraverso il racconto filmico, ma anche attraverso l’integrazione della drammaturgia innovativa di una piattaforma crossmediale ospitata dal Corriere della Sera.
Una sorta di diario di bordo dalla struttura aperta, costruito in motion graphic, grafica 2D e 3D, integrato al montato originale in cui l’utente può viaggiare liberamente seguendo il proprio percorso lungo approfondimenti su temi, location, materiali d’archivio e personaggi scomodi come il collaboratore di giustizia, tradotto in animazione per esigenze di tutela dell’identità, che racconta dal di dentro la criminalità organizzata.
La piattaforma a mio avviso andrebbe affinata in alcuni aspetti relativi alla navigabilità: alcuni passaggi sono poco intuitivi (come ad esempio il ritorno alla Home) e spesso, cliccando sulle nuovle dei contenuti, si apre una pop up che copre il video. Inoltre (ma mi rendo conto che è la condizione della sua sopravvivenza) la pubblicità all’inizio di ogni videoracconto è fastidiosissima perché rallenta troppo la navigazione da una storia all’altra, spezzando l’enfasi emotiva della narrazione.
Tuttavia Giallo a Milano è un esempio interessante da sponsorizzare perché è la dimostrazione tangibile della possibilità di un’evoluzione sincrona e congiunta tra i vecchi e i nuovi linguaggi della narrazione audiovisiva.
Era passato al TFF lo scorso anno ma l’avevo messo in seconda fascia… insomma mi intrigava ma alla fine non l’ho visto!