Non vorrei spendere molte parole per Funny Games perchè è un film che non ha, a mio avviso, alcuna validità artistica.
I due damerini di bianco vestiti non suscitano alcun fascino e alcuna inquietudine, sono scontati, noiosi, al limite del ridicolo e talvolta grotteschi.
Il tentativo di critica della società borghese fallisce sin dal principio, dal momento in cui, di questa società, non ci racconta nulla se non alcuni dettagli di forma (la bella casa di villeggiatura, la barca…) troppo scontati. La violenza fine a se stessa è mal raccontata e, alla domanda perchè ci fate questo, non mi accontenta la risposta perchè no?. O meglio lo farebbe, se le immagini o i dialoghi mi dessero l’occasione di cogliere lentamente la costruzione di un complesso e cinico funny game.
L’attribuzione di senso alle azioni dei personaggi è il punto di forza della riuscita di una bella storia, ecco perchè non tutte le storie vale la pena che siano raccontate. Il discriminante artistico sta nell’espressionismo delle immagini e delle parole. Qui non accade. E si scade nel grottesco sterile. Una regia minimalista (che può anche avere il suo fascino) per una storia mal raccontata che non comunica nè violenza nè sadismo (e non perchè non me li faccia vedere, questo al contrario, è un merito del film) ma perchè totalmente privo di tensione emotiva e narrativa nella costruzione della suspense e nella quasi totale assenza di colpi di scena. Non mi riferisco a una chiassosa ed eclatante messa in scena, ma ad un raffinato e prepotente racconto di tortura e sopraffazione psicologica e fisica.
Il gioco filosofico sul rapporto tra finzione e realtà che si rivela nel momento in cui uno dei due damerini si rivolge direttamente al pubblico o quando riporta il tempo indietro col telecomando, si esaurisce in un banale dialogo tra i due in una delle scene finali.
Funny Games è un gioco a cui ho voluto partecipare, ma non mi sono divertita.