Tra editoria indipendente, colossi editoriali, rivoluzioni digitali, noiosissime lectio magistralis, intellettualismi e vippume vario, si chiude oggi il Salone del Libro.
Ho passeggiato con tutta la calma possibile tra i vari stand, ho assistito a incontri e conferenze, ho conosciuto persone nuove e interessanti e ho chiacchierato e chiacchierato senza fine.
Ma il momento più emozionante, al di là della beatitudine dei sensi ad ogni giandiuotto che si scioglieva lentamente in bocca ammantandomi di gaudio supremo, è stato lo spettacolo di Davide Enia.
L’incontenibile cantastorie siciliano mi conquistò già l’anno scorso sempre qui al Salone. Quest’anno mi ha inebriato di emozioni col suo intenso monologo che consacra la partita che nel 1982 vide l’Italia trionfare contro il Brasile dei miti.
Accompagnato da chitarra e percussioni, Davide ti trascina nel ricordo degli eventi salienti di quell’anno e ti conduce per mano nella consuetudine della cucina della sua casa a Palermo dove si riunivano, secondo precisi riti propiziatori e scaramantici, famiglia e amici davanti al leggendario Sony Triniton, status symbol dei goliardici anni ’80.
Davide riesce ad alternare, con una delicata armonia, intensi momenti festosi e farseschi e lunghi attimi di profonda commozione, srotolando un energico racconto epico e popolare che ha per protagonisti i calciatori, simboli eroici delle virtù italiche, capaci di riunire gli italiani tutti sotto la bandiera dell’orgoglio nazionale.
Un racconto ritmato intarsiato da noti struggenti che mi ha condotto attraverso le suggestioni della mia infanzia quando, in quei caldi mesi del lontano ’82, indossavo con orgoglio la magliettina di Naranjito cantando a squarciagola sul piazzale della nostra vecchia casa in campagna, Tanz Bambolina di Alberto Camerini.