Il secondo incontro con Created by ci ha fatto conoscere Hagai Levi, il creatore del tv drama israeliano Be Tipul, dal quale è stata tratta la serie americana In Treatment.
La prima volta che Levi si rivolse a uno psicoterapeuta aveva 15 anni.
Poi smise e poi ricominciò.
Scoprì che il mondo interiore può essere rappresentato attraverso dialoghi e immagini minimaliste e nacque così l’idea di Be Tipul, racconti di vita che si dipanano attraverso il confronto di diversi personaggi con lo psicologo, Reuven Dagan.
Ma il terapeuta non è mai immune alle storie dei suoi pazienti.
In Be Tipul il protagonista è proprio Reuven e la parte più buia di sé che emerge dalle relazioni drammatiche coi suoi pazienti. Ciascuno di essi, infatti, è in grado di scardinare le certezze che lo hanno guidato durante gli anni della sua carriera professionale suscitando dinamiche relazionali conflittuali complesse.
Il set dressing è costituito da una casa con un grande giardino che viene spesso ripreso nelle inquadrature a significare che il mondo esterno è anche protagonista delle vicende dei pazienti. Lo studio terapeutico è al piano inferiore della casa privata di Reuven e sottolinea la profonda interferenza nella sua attività.
Reuven è sempre sul ciglio di una scogliera, in bilico tra il suo aspetto umano e quello professionale: terapeuta e paziente diventano così entrambi archetipi universali con cui confrontarci.
Ogni puntata racconta il caso di un singolo paziente attraverso 3 momenti di svolta (struttura in 3 atti):
- il paziente porta qualcosa da fuori;
- il terapeuta convince il paziente che ciò che egli sta raccontando non è ciò che vuole raccontare;
- cosa può fare il paziente con queste informazioni.
Il lunedì è il giorno di Na’ama, vittima di un transfert verso il suo terapeuta il quale ammette di ricambiare i suoi sentimenti. Il controtransfert turba profondamente Reuven.
Il martedì invece tocca a Yadir, un pilota colpevole di aver sganciato, durante un’operazione di guerra, una bomba che fece molte vittime. Il senso di colpa sembra non opprimerlo, ma dietro alla sua paura di volare si nascondono i complessi rapporti con un padre autoritario e una moglie infelice che lo porteranno e essere vittima di un incidente aereo. Ma il dubbio che possa essere stato un suicidio mette Reuven di fronte ai propri limiti professionali.
Mercoledì è il turno di Ayala è una ginnasta teenager, reduce da un incidente automobilistico, che forse lei stessa ha causato. La ragazza rivela diverse analogie comportamentali con la figlia di Reuven.
Il giovedì è dedicato alla terapia di coppia: Michael e Orna, dopo innumerevoli tentativi di fecondazione artificiale, stanno finalmente per avere un bambino, ma qualcosa sembra essere cambiato. La loro incapacità comunicativa si rispecchia nel profondo disagio che Reuven sta vivendo nei confronti della moglie a causa di Na’ama.
Il venerdì Reuven passa dall’altra parte e dà voce ai suoi turbamenti personali di fronte alla sua terapeuta Gina.
Scrivere la puntata del venerdì, la più difficile, ha convinto Levi che la serie poteva funzionare in televisione.
Ma si rese subito conto che tale progetto non si sarebbe mai potuto vendere sulla carta.
Decise così di auto prodursi due puntate pilota (in fondo quel tipo di riprese con solo due attori e un’unica location, prevedono un budget molto risicato).
La tv via cavo in Israele, oltre a essere interessata al prodotto, è molto e ricca e può permettersi di sperimentare. Inoltre esiste anche una normativa che li obbliga a produrre un certo numero di tv drama.
Levi fu così messo nelle condizioni per girare tutta una prima serie dedicata a un pubblico intellettuale e nottambulo.
Scelse attori israeliani, molto rinomati e famosi (in Israele gli attori passano indistintamente dal cinema alla tv) e dalla seconda settimana Be Tipul divenne un fenomeno ottenendo ottime recensioni soprattutto per l’elevata qualità della scrittura.
Il tutto infatti si regge sulle parole: 30 minuti per 30 pagine di dialogo. Non c’è improvvisazione, ogni singola parola pronunciata è stata scritta e provata più volte.
Essendo uno stile molto realistico che ripercorre gli archetipi (molto lontano dallo stile parodistico del cinema di Woody Allen) il pubblico si è immedesimato talmente tanto che molti hanno intrapreso o ripresero un percorso di psicoterapia.
Lo stile registico è semplice ed essenziale e in fase di montaggio si cerca di affinare l’impatto emotivo dando rilievo anche al linguaggio non verbale che in certi momenti riesce a restituire compassione più di mille parole.
Levi è anche showrunner della serie ed è sempre presente sul set.
Nel suo team di scrittori c’è un headwriter con cui definisce i personaggi e le linee guida, e sceneggiatori dalla diversa formazione culturale, ma tutti rigorosamente con esperienze di personale percorso terapeutico.
Ogni scrittore gestisce un personaggio e costruisce la puntata che lo riguarda.
La supervisione e la riscrittura è definita invece dallo stesso Levi che si concentra soprattutto su Reuven affinandone le sue peculiarità.
Naturalmente risulta necessario anche un confronto con uno psicologo professionista che apporta le informazioni utili a dare credibilità alla storia. Durante questi incontri spesso si determinano le dinamiche della terapia di gruppo per cui lo scrittore struttura, lo psicologo destruttura.
Il format è stato riproposto in diversi paesi. Il più conosciuto è senza dubbio la versione americana In Treatment con Gabriel Byrne.
Adattare le stesse storie in paesi differenti è un lavoro complesso.
Ciascuno ha la propria cultura, tradizioni e dinamiche sociali differenti che determinano disagi differenti, per cui una donna quarantenne senza figli a New York rappresenta un caso estremamente comune che suscita un imbarazzo relativo rispetto alla percezione che può averne la società israeliana.
E poi non dimentichiamoci che Israele è uno stato che deve fare i conti con una guerra che li lacera da troppo tempo.
Ogni paese ha le proprie ferite.
Quali siano quelle italiane potremo scoprirlo presto.
Infatti Wilder e Rai 4 stanno lavorando al format coordinato dall’ headwriter Nicola Lusuardi.
Speriamo che questo progetto possa finalmente regalare prestigio all’immaginario della fiction italiana.