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Il mio BRIFF

Ed ecco a voi i corti che mi hanno appassionato di più: una hola gigante per El Gran Zambini e la sua originalissima potenza visiva. Per ogni bambino il proprio padre è l’eroe della famiglia. Così non è per il piccolo protagonista del corto, che si nasconde nel bagno della scuola per non farsi vedere dai suoi compagni in compagnia del papà, uomo dalla piccola statura, ma dal grande ingegno. L’uomo, infatti, attraverso una valorosa e leggendaria azione riesce a dimostrare al figlio la propria grandezza entrando nel suo mondo come un vero e proprio eroe.

Il più visionario e originale – ma ahimè nessuno se ne è accorto – è stato il belga Moment de Gloire di Hendrik Moonen in cui un uomo, in preda a un delirio di follia, attraverso un esperimento eccezionale e architettato con maniacale minuzia, tenta di afferrare un proiettile, sparato da una pistola, coi denti. E solo un attimo prima della tragica fine immagina il suo illusorio momento di gloria.

Altra scoperta piacevole è stata il giapponese NINJA NINJA di Makoto Yamaguchi in cui un adulto riesce a realizzare il sogno di un bambino attraverso il suo stesso linguaggio, quello della fantasia e dell’immaginazione.

Mi ha riportato alla mente quanto, da bimba, fosse per me labile il confine tra immaginazione e realtà e quanto la semplice immaginazione riuscisse a farmi sembrare più avventurosa la mia realtà.

(Ebbene sì, da piccola, attraverso una formula magica mutuata da un vecchio cartone giapponese, mi trasformavo in una Wonderpaolastra protagonista di innumerevoli avventure, mentre il mio clone, cioè la mia realtà, continuava la sua normale vita tra compiti e giochi). Potere evocativo del cinema!

Altro corto interessante è stato una sequenza di 5’35” dal titolo ON A WEDNESDAY NIGHT IN TOKIO di Jan Verbeek che attraverso una scena di vita comune, il treno di una metropolitana che man mano si riempie all’ora di punta, racconta l’essenza di un popolo, quello giapponese che pazientemente, senza alcuna rimostranza, lascia il posto a quello che sembra l’ultimo arrivato, finché le porte, non riescono finalmente a chiudersi. Ho provato a immaginare la stessa scena nella “vivace” metropolitana romana….

I miei complimenti vivissimi anche a TANGhi argentini di Guido Thys (Belgio) un’ imprevedibile, godibile e geniale favola moderna in cui un impiegato di un’ azienda fredda e indifferente decide di donare degli insoliti regali natalizi ai suoi colleghi agendo sulle loro inclinazioni artistiche.

Guardare le cose da diverse angolazioni è forse il primo accenno di maturità che si manifesta nell’adolescenza (che poi evolva inevitabilmente in tutti non rappresenta ahimè certezza), ma riuscire a raccontarlo con la crudezza e l’essenzialità di Hossein Martin Fateli è abilità di pochi. Nell’ottimo cortometraggio THE T-SHIRT tante parole, necessarie alla narrazione, non dicono di più di quanto non possa farlo una maglietta…vista da entrambi i lati, però.

Infine vorrei citare lo spassoso IL SUPPLENTE di Andrea Jublin (che pare stia lavorando al suo primo lungometraggio…notizia da cui non posso che trarre gioia!) Del suddetto ho avuto modo di apprezzare anche un altro corto (GRAZIE AL CIELO). Mi piace Jublin per la sua capacità di sdrammatizzare sui “pipponi” intellettualoidi tardo(molto tardo) adolescenziali con la “leggerezza della pensosità” e la “rapidità dello stile” (Calvino mi perdoni per l’accostamento linguistico!) Se poi riuscisse a perfezionare l’aspetto espressionistico delle inquadrature….ma diamogli fiducia!

 

Questo è stato come ho visto il BRIFF. E spero che anche Brindisi possa contribuire a sdoganare l’arte cortometraggio dalle perverse logiche produttive, restituendogli la sua dignità artistica.

Per queste ragioni non voglio accontentarmi e pretendo dalla prossima edizione ancora di più. Più eventi, più giorni, più film, più rassegne, più ospiti, più stampa. E non solo per amore del cinema, ma anche per amore di una città che vive la passione delle proprie tradizioni e che ha voglia di camminare al fianco dello sviluppo culturale e tecnologico. Una città solida radicata sulle proprie certezze e desiderosa di confronto. Lo abbiamo dimostrato con la solidarietà verso il popolo albanese, ma questo succedeva più di 15 anni fa e gli stessi albanesi sono ora i nostri compagni d’avventura in questo desiderio di emancipazione. Smettiamola allora di sottolineare quello che abbiamo fatto e facciamo adesso qualcosa per il nostro presente, per il nostro futuro, per chi è dovuto andare via, per chi è rimasto e per chi vuole tornare.

The breach

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Un film di Billy Ray. Con Chris Cooper, Ryan Phillippe, Laura Linney, Dennis Haysbert, Kathleen Quinlan, Gary Cole, Caroline Dhavernas. Genere Thriller, colore, 111 minuti. Produzione USA 2007.

All’alba della guerra “calda” contro il terrorismo islamico (siamo nel febbraio del 2001) al giovane allievo dell’FBI Eric O’Neill viene affidato il compito di incastrare l’agente operativo Robert Hanssenn colpevole di alto tradimento contro l’America. Per vent’anni l’uomo ha venduto informazioni all’ ex Unione Sovietica con conseguenze rilevanti sull’assetto politico mondiale.

Un intrattenimento godibile grazie alle ottime prove attoriali e a una regia composta e lineare che ci accompagna con discrezione in questa spy story dalle dinamiche psicologiche che non riescono a sostenere la debole struttura portante del film.
Impassibili assistiamo agli eventi retti da una prevedibile logica di causa effetto che ci distoglie anche dall’umana curiosità sull’agire di questo antieroe, Hanssenn, che non appassiona e che non riesce neanche ad essere accattivante dall’alto della sua autorità di uomo che ha, seppur nel male, fatto la storia. Non si prova né compassione né rabbia per l’essere umano vittima delle proprie perversioni, ammantate da un integralismo cattolico tormentato che non spiega e non giustifica.
Si soffre della mancanza del punto di vista di un personaggio oscuro che non inquieta. Il suo delirio di onnipotenza, accennato in un dialogo banale, ci tange solo marginalmente.
Una suspence talmente asciutta da lasciare l’amaro in bocca su un finale, dalla risoluzione già rivelata a inizio film, che non coinvolge ma che anzi disturba oltremisura nella inutile retorica della scena finale.
The breach piace, ma non fa breccia.