quando ti ho conosciuta 11 anni fa in Germania, mi sei stata subito simpatica perchè eri alta quanto me e portavi il 42 di piede, proprio come me. Ma erano le uniche cose che ci accomunavano. Poi, col tempo, la diversità ci ha unite sempre di più e, seppur lontane, abbiamo condiviso gran parte delle nostre vite.
Poco più di anno fa mi hai chiamato nella tua stanza, volevi tranquilliazzarmi e farmi capire che eri serena, che avevi già da tempo accettato il tuo destino e che eri preoccupata per noi, noi che saremmo rimasti. E io continuavo a chiedermi il perchè di tutto questo, perchè proprio a te. E non mi bastavano le tue risposte su un ipotetico disegno divino, che avrebbe lasciato a noi un’eredità spirituale speciale e da privilegiati. Io non lo volevo quel privilegio, io volevo solo vederti in piedi come una volta e magari organizzare un prossimo viaggio insieme. E tu continuavi a sorridere e dicevi, “perchè non doveva succedere a me?” E poi hai aggiunto “ho sempre avuto paura di voltarmi perchè temevo di non trovare nessuno, oggi invece so che non è così e sentire questa gioia è stato il regalo più bello che ha reso la mia vita degna di essere vissuta”.
E’ passato un anno da quando mi hai lasciato quell’eredità e forse solo ora comincio a sentirne quel privilegio, ma questo allevia ben poco la tua mancanza.
Leggendo la tua lettera a Viviana mi accorgo che manca anche a me. Perchè io so quanto è stata vera la vostra Amicizia.
La tua serena sofferenza ti fa una donna vera. Sono orgoglioso di te.
Buona notte.