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R.I.F.F. apre i battenti col bellissimo film Fish Tank

Anche quest’anno dedicherò gran parte del mio tempo a seguire il Roma Indipendent Film Festival che promuove la cinematografia indipendente italiana e straniera. Le proiezioni sono affidate al Cinema Aquila, in pieno quartiere Pigneto, che offre anche diversi locali, ancora a prezzo politico, dove trascorrere il tempo tra un lungo e un cortometraggio.

Ieri sera ho assistito al film Fish Tank, una produzione inglese diretta dalla regista Andrea Arnold, che ne ha scritto anche la sceneggiatura.
Nel 2006 la regista vinse il premio della giuria al festival di Cannes con il suo primo lungo dal titolo Red Road. Red Road è un quartiere periferico di Glasgow dove sorgono delle alte torri abitative in cui si concentrano migliaia di persone controllate 24 su 24 da telecamere di sicurezza. Qui lavora una donna, addetta al centro di sorveglianza, dalla vita noiosa e insipida, fino a quando, in uno dei monitor, scorge la figura dell’uomo che anni prima le ha sconvolto la vita. Decide di elaborare così la sua vendetta.

Fish Tank, invece, racconta la storia di formazione di Mia, una ragazza quindicenne ritratta nel suo ambiente crudo e degradato, evocato da immagini secche ed essenziali, prevalentemente con macchina a mano, che restituiscono l’odore dei sobborghi dell’Essex. Quell’odore di fish tank, espressione gergale che è anche sinonimo di pussy, derivata dal fatto che sometimes smells like a fish.  Ma è anche l’odore della bravissima protagonista Katie Jarvis, perfettamente a suo agio in quei casermoni di periferia tra i quali si muove portandosi appresso rabbia e sofferenza.
E la vomita già dalle prime scene raccontandoci l’astio verso una madre degenere in un’unica battuta: “You are what’s wrong with me!”, e in una violenta testata contro una delle ragazzette del quartiere che la sfidano a colpi di sensuali ancheggiamenti a ritmo di hip hop.
Ma la passione per la musica R&B scorre anche nel sangue di Mia, che ritrova il suo angolo di libertà in un appartamento vuoto dove si rifugia per danzare. E si allena, senza mai sorridere. Non è brava, non riesce a lasciarsi andare, è trattenuta e allora corre, raggiunge un campo di nomadi che tengono legata una vecchia cavalla malata. Mia vuole liberarla e ci tenta in tutti i modi, senza riuscirci. Chissà, forse quella cavalla le regala la suggestione di una libertà, forse Mia sogna di salirci sopra e correre via. Via da quell’universo che l’ha resa arcigna e violenta, via da Connor, il nuovo uomo di sua madre che entra nella sua vita e le regala complicità supportandola nella sua grande passione, il ballo. Mia danza per lui in una memorabile scena perfettamente diretta attraverso particolari e dettagli di sguardi e piccoli gesti con cui la ragazza comunica la sua timida sensualità. Ma da quel momento tutto cambia in un susseguirsi di scene in cui Mia raggiunge il momento più basso di brutalità, ma non riesci a volerle male, anzi forse in un attimo speri che porti a compimento il suo piano nel peggiore dei modi.
Mia conosce solo parole aggressive. Può parlare d’amore esclusivamente ballando ed è attraverso la complicità di alcuni semplici passi di danza che riesce a creare un unico momento di solidarietà con la madre e la sorellina in un finale forse anche prevedibile, ma l’unico possibile che completa il film nella sua credibilità.

UPDATE: Vincitore del Premio Miglior Lungometraggio

Dragon Trainer e pillole di 3D

dragon trainerLunedì, grazie alle mitiche fanciulle della GGD ho assistito presso la Universal a un mini seminario sul 3d tenuto da Davide della Casa (founder di Screenweek) e alla proiezione del film d’animazione Dragon Trainer.

L’incontro ci ha raccontato che il cinema in 3d è costituito da immagini stereoscopiche (cioè con due punti di vista paralleli) che, attraverso l’uso di occhialini specifici, ricostruiscono l’illusione del 3d. Le  telecamere utilizzate per tali riprese sono dotate di due obiettivi paralleli a doppia esposizione. Le immagini poi vengono proiettate sullo stesso schermo.

I primi occhialini, quelli con una lente rossa e una ciano che filtravano ciascuna uno spettro di luce differente, appartengono all’immaginario iconografico degli anni ’50 e consentivano di vedere le immagini stampate attraverso la sovrapposizione di un filtro. La resa dei colori, però, è risultata scarsa sin dall’inizio decretandone l’insuccesso.

Poi arrivò il sistema a fotogrammi alternati, si proiettava cioè prima un frame per l’occhio sinistro e successivamente per l’occhio destro, con una velocità tale da rendere la continuità del movimento. Dall’evoluzione di questo concetto sono nati gli occhiali con otturatori LCD che non effettuano però alcun filtraggio. Nel frattempo Xpand in America sta investendo sulla tecnologia di questi occhiali anche in funzione dei nuovi televisori 3d,  anche se ancora non esiste un formato standard compatibile con tutti gli apparecchi.

Diverso è il discorso di Avatar per il quale le immagini sono state girate direttamente in 3d attraverso una telecamera brevettata da Cameron, la Fusion 3d, dotata di due obiettivi la cui distanza è la stessa che intercorre tra i nostri occhi. Pertanto è in grado di simulare perfettamente la visione umana.
Con l’utilizzo del software Simulcam, Cameron ha inoltre potuto monitorare al computer in tempo reale le riprese tramite il preview scenografico. Il Simulcam permette anche di avvalersi, attraverso la Performance Capture, dell’espressività reale degli attori (attrezzati di tute con raffinatissimi marcatori) per restituirla ai personaggi virtuali. Tutti i successivi perfezionamenti sono stati poi affidati alla C.G.I.

Dragon Triner si avvale invece della tecnica InTru 3d (nata dalla collaborazione tra Intel e Dreamworks) con una grafica di altissima qualità che viene pensata in 3d sin dalla nascita del progetto. Le immagini così fuoriescono letteralmente dai confini dello schermo per coinvolgerti e portarti dentro la storia.

E quando la favola ti trascina a tutta velocità tra i colori cangianti del cielo, sulle ali di un drago, allora senti realmente di appartenere alla storia e ti agiti e fremi insieme a Hic e al suo amico Sdentato. E piangi quando tutto sembra essere perduto, anche se dentro di te sai che è un cartone e che non può che concludersi con un happy end.

Dragon Trainer è la storia di un’amicizia che passa attraverso la scoperta dell’altro e che si fortifica nello scoprirsi simili, empatici come direbbe Rifkin.
La paura l’uno dell’altro li ha resi nemici e perciò, da sempre, i vichinghi sono uccisori di draghi e i draghi assaltano i vichinghi. Ma un giorno Hic scopre che anche il temibile drago ha paura, proprio come lui ed è tale paura che lo rende aggressivo.  Hic, il giovane vichingo, mette da parte il timore e decide di non trafiggere il drago, ma anzi lo libera, e il contatto prende il posto della paura e dà vita a una solidarietà prima d’ora inimmaginabile.
Una favola allegorica del rapporto col diverso che rivela un eroe (in principio fu Shrek) non più patinato, che non veste il suo corpo perfetto di bellezza, forza e vigore, ma trova il suo eroismo nell’ingegno e nei forti ideali di condivisione.
Il progresso si nutre di rivoluzioni tecnologiche e scorre attraverso i cieli di una rivoluzione emotiva.

“Il cromosoma X e la sua capacità di autoriproduzione”

Lella CostaOggi è la giornata di webalfemminile.it, una maratona di 24 ore dedicata alle donne e al loro rapporto con la tecnologia, raccontata attraverso dibattiti, videodomande, testimonianze “VIP”, docufiction, sitcom e video aggiunti da gli utenti.

Ho dato una sbirciata al sito e ho trovato testimonianze importanti sull’imprenditoria femminile, come il piccolo ma grandioso progetto abruzzese di ilcapoluogo.it, giornale on line gestito da donne che hanno documentato attraverso l’uso dei nuovi media, la tragedia del terremoto dell’Aquila dello scorso aprile. “Abbiamo aggredito il mondo dal nostro piccolo container” affermano con orgoglio e coraggio Maria Cattini e Roberta Galeotti, vincitrici del premio DonnaèWeb 2009.

E poi interessanti presentazioni di progetti che prevedono l’integrazione tra il web e la didattica tradizionale nelle scuole e la valorizzazione della padronanza nella gestione della rete per la nascita di progetti di imprenditoria femminile. Il web ha snellito la burocrazia e consente di iscriversi on line alla camera commercio, aprire partite IVA e confrontarsi nei forum e nelle community con altre esperienze di buisness al femminile. Per non parlare poi dell’accesso a delle vere e proprie guide on line che orientano le imprenditrici anche anche nella ricerca di  finanziamenti e sgravi fiscali.

C’è chi parla di un aumento delle fiducia in se stesse, chi di reazione a un mercato del lavoro ostile, fatto sta che le statistiche raccontano di donne che usano internet per comprare e gestire le proprie vacanze, acquistare libri e riviste, sottoscrivere abbonamenti a corsi di formazione e addirittura si preferisce il web al sesso… (di ciò, però, non ne farei un vessillo di orgoglio femminile… ma questo è un altro campo di ricerca.)
Le giovani donne preferiscono di gran lunga navigare in rete piuttosto che stare davanti alla tv! Al contrario, agli uomini gli si può togliere tutto, compreso il computer, ma non il televisore!

La strada della parificazione delle opportunità è ancora molto lunga, ma diverse aziende (sul sito si trova la testimonianza della Microsoft) investono sulle donne che ormai occupano posizioni non più esclusivamente nell’ambito del marketing e della comunicazione, ma anche ruoli tecnici e specialistici all’interno del mercato dell’information technology. E sono anche mamme.

Diventa quindi sempre più necessario investire servizi salvatempo (come per esempio gli asili in azienda) che consentano alle donne di organizzare il tempo in maniera funzionale al rendimento lavorativo e alla gestione della propria vita. Altro fattore determinante è la condivisione di best practice tra donne che occupano posizioni di comando e donne all’inizio del proprio percorso lavorativo alla ricerca di modelli di leadership al femminile.
Il diversity managment è quindi una grande opportunità per le aziende che riconoscono le differenze (in questo caso quelle di genere) quali valori aggiunti nella gestione delle risorse umane.

Sul sito si trovano inoltre testimonianze anche inutili e inopportune come quella di Alessia Fabiani che afferma con orgoglio che la showgirl non è  più figura di contorno ma è diventata una donna parlante e pensante nel suo caso anche laureata! O ancora Raul Bova che rivendica il diritto dell’uomo nell’essere unico corteggiatore, e altre sparate su luoghi comuni e amenità varie sul rapporto tra i sessi che più volte si sono esplicitate nella frase “la donna si è evoluta” , cosa che mi ha disturbato non poco. Come se dovessimo essere noi donne felici dell’essere finalmente riuscite a raggiungere l’uomo nel suo processo di evoluzione.

Le parole sono importanti! Ed evoluzione non è sinonimo di emancipazione!!!

“Il linguaggio rende la temperatura sociale dei rapporti che viviamo” recita con eleganza Lella Costa . Il sito offre anche un meraviglioso estratto dello spettacolo Le ragazze che racconta il gioco di potere tra uomo e donna attraverso un’attenta e simpatica riflessione semantica. Lella Costa descrive emblematicamente e con ironia la figura della donna nella storia, nel mito e la sua voglia e il suo desiderio di indipendenza.

La rivendicazione dei nostri diritti è iscritta nella storia dell’umanità, conquistarla con dignità e distinzione, in questo cammino faticoso che dura da troppo tempo, è un nostro dovere. E il web è quello strumento in più che può dare voce alla nostra differenza e quindi al nostro valore.

La fine dell’indignazione

votantonioAstensionismo altissimo, la Regione Lazio in mano al clan della Polverini,  Umberto Bossi che si autoproclama candidato sindaco di Milano, suo figlio, il pluriripetente Renzo al Pirellone, l’igienista dentale (di Berlusconi) Nicole Minetti, che entra ufficialmente in consiglio regionale della Lombardia. E la Chiesa che detta regole di moralità cristiana attraverso esplicite indicazioni di voto. E ancora la campagna d’odio di Michele Santoro e del suo baraccone e la battaglia di Grillo che ha tolto quel poco di dignità rimasta alla sinistra.

Razzismo, conservatorismo, elogio del raggiro, imbarbarimento sociale ed emotivo: Signore e Signori, questo è il nostro (non più) Bel Paese.
Dove il diritto del voto è solo un privilegio riservato agli incazzati, a quelli fomentati da questa campagna elettorale mostruosa, appiattita da una satira sterile e inconcludente e da una politica di sinistra astrusa e ingiuriosa. Tutti gli altri, quelli che hanno smesso di sognare una democrazia evoluta, sono rimasti a casa, con la consapevolezza che tanto peggio di così non può andare. E che lo stato delle cose, che ha raggiunto questo livello così basso di involuzione, è dovuto alla convinzione che la natura umana è più incline all’odio e alla sopraffazione che alla solidarietà e alla collaborazione. E allora io, che ho perso ormai il mio potere contrattuale o che forse mai l’ho avuto, perchè mi devo affaticare a dare il mio voto? Tanto è sempre la solita solfa e né l’uno né l’altro saranno in grado di risolvere i miei problemi. A questa gente non rimane che una soluzione, fare da sè, pensare ai propri interessi, tutelarsi e proteggersi con le unghie e con i denti, chiudendosi in un individualismo esasperato e disperato.

Di fronte a questo panorama non ho la forza di provare più alcuna indignazione. Solo tristezza e sconforto animano questi ultimi minuti di questa triste giornata. Domani si ricomincia con la speranza che forse abbiamo finalmente toccato il fondo e adesso non ci può essere altro che una risalita.

Ora non ho più scuse

Dopo aver visto questa efficace comunicazione pubblicitaria, non posso più nascondermi dietro la mia presunta incompetenza ai fornelli. Certo, è anche una questione di esperienza, ma delle volte basta ritrovare quel semplice ingrediente per fare la differenza.

Bike Sharing a Roma e il sogno di pedalare attraverso la storia

bikesharingroma.gifOggi ho profondamente amato Roma, di quell’amore fatto di speranza e di compassione. La speranza che il mio voto alle Regionali cada su un soffice e grosso cumulo di schede elettorali amiche, e la compassione verso una città fascinosa, suggestiva, poetica, ma ammantata da un velo di decadenza e trascuratezza che stringe il cuore.

Oggi mi sono iscritta al servizio di Bike Sharing del Comune di Roma che ti dà la possibilità di prelevare le bici dalle rastrelliere dislocate in diversi punti della città e di percorrere le viuzze del centro storico sotto il tiepido sole della primavera romana.
Ci si iscrive presso le Biglietterie Atac autorizzate acquistando una smartcard al costo di 5 euro e poi si scorrazza allegramente su due ruote ecologiche al costo di 50 centesimi l’ora.
Le nostre bici sono funzionanti e la manutenzione sembra essere conforme agli standard richiesti, ma la mia è una sola piccola esperienza che lascia il tempo che trova insieme alle tante polemiche relative a questa attività.
Io la trovo efficiente e di discreta qualità (c’è anche un’app per iPhone).
Si dovrebbe investire molto di più su questo servizio per portarlo anche oltre il centro storico e nei punti strategici della città (università, scuole, uffici pubblici, ospedali) e comunque almeno nelle vicinanze di tutte le fermate della metropolitana. Potrebbe essere così un reale servizio al cittadino e non solo ai  turisti e a chi, come ho fatto io oggi, ha il tempo e il desiderio di fare una bella passeggiata domenicale per la città.

La domenica il tempo scorre più lentamente e la frenesia della quotidianità è solo un lontano ricordo mentre lentamente pedalo tra le antiche vie della mia città. Ma più il sole splende, più il cuore mi si adombra nello scoprire l’incuria e la sciatteria in cui sta sprofondando la Capitale: strade dissestate, traffico selvaggio anche di domenica, un Lungotevere, proprio al livello del fiume, sporco e vergognosamente lercio, alle cui scale si accede solo attraversando una coltre fatiscente di effluvi urinari.
Le grandi metropoli europee, che tutto hanno da invidiare alla nostra Roma,  hanno investito in strutture di svago e divertimento per il cittadino, mentre noi stiamo ancora fermi a una modesta estate romana fatta dalle solite bancarelle e da qualche modesta iniziativa culturale…
E poi angoli sporchi, spazzatura ammucchiata e mai raccolta che interrompe il passeggio e ti costringe a sollevare la bici per poter andare oltre su quella che dovrebbe essere la pista ciclabile del Lungotevere. Amarezza e delusione mi accompagnano mentre riconsegno le bici nella prima rastrelliera che incontro.
Poi passeggio a piedi verso casa, travolta dai rumori degli autobus, le risate dei turisti e le chiassose chiacchierate dei romani che sorridono e corrono verso il centro: Campo de’ Fiori, Piazza Navona e i baretti fashion stanno già preparando i tavolini all’aperto per l’orario dell’aperitivo.
C’è ancora il sole, ma sono già passate le sei..oggi è il primo giorno dell’ora legale e una luce fiabesca illumina i volti della gente, i palazzi antichi di Corso Vittorio, si rifrange sugli specchietti dei motorini e riscalda l’abbraccio di Marco che mi stringe forte e felice di aver trascorso insieme un delizioso pomeriggio nella nostra amata Roma.

Perché difendere la Rete

lessigIeri pomeriggio c’ero anche io a Montecitorio a seguire l’incontro organizzato da Capitale Digitale in cui si parlava di Internet è Libertà: perchè dobbiamo diffondere la rete.

Finalmente un primo tentativo di argomentazione sulle potenzialità di Internet e sul futuro della comunicazione tra le mura stantie dei palazzi della politica italiana.

L’inizio dell’incontro affidato a Lawrence Lessig, colui che ha dato vita a Creative Commons, ci ha fatto sognare su un prossimo futuro di diritto all’informazione, sull’evoluzione del diritto d’autore e sull’integrazione tra politica e web.

Il convegno è stato preceduto, nei giorni scorsi, da migliaia di tweet sotto il tag #difenderelarete in risposta all’interrogativo Perché dobbiamo difendere la rete?
Questi suggerimenti sono stati consegnati (su chiavetta USB per amore dell’ecologia) al Presidente della Camera Fini e allo stesso Lessig.

E adesso godetevi la Lectio Magistralis del Prof. Lessig e le sue slide.

Avete sognato anche voi insieme a me? Ora continuiamo insieme leggendo quanto si trova sul suo blog

How I make money

“I am a law professor. I am paid to teach and write in fields that interest me. Never is my academic research directed by anyone other than I. I am not required to teach any particular course; I am never required or even asked by anyone with authority over me to write about a particular subject or question. I am in this important sense a free laborer.

I also get paid for some of my writing. I write books that are sold commercially. All of my books are also available freely in electronic form. I have been commissioned to write articles for magazines. But in all cases, while I may contract about the subject matter I will address, I never contract about the substance.

I have (though rarely) been paid to consult on matters related to my work. If I have, I conform my behavior to the NC Principle articulated below.

I am sometimes paid to speak. If I am, I will contract as to subject matter (e.g., whether the speech is about innovation, or copyright, or privacy, etc.). I do not contract as to substance. In addition to an honorarium, I also accept payment to cover travel expenses.

I am not compensated for my work with nonprofits.”


Questo è Lawrence Lessig.
Beato lui! Sono le prime riflessioni che ci vengono in mente.
Ora, mettendo da parte quel sano senso di invidia, cerchiamo di riflettere insieme sul perché non si riesca nel nostro Paese a suscitare il necessario clamore attorno alla necessità di un investimento POLITICO sulle potenzialità del web.

Paragonare il web ai mezzi tradizionali è un atteggiamento incivile e scorretto volto a impedire la diffusione dell’innovazione. Una strategia che perpetui uno status quo vecchio e conservatore  fa comodo a una classe dirigente che ha paura del progresso e della rimessa in discussione di certezze e privilegi.
Tutto questo è un attentato alla nostra dignità e soprattutto all’immenso patrimonio culturale italiano che verrà sopraffatto dalla condizione di arretratezza alla quale vogliono condannarci.
Internet sta riscrivendo le previsioni della storia, escludendo selvaggiamente (e per fortuna) i vecchi protagonisti che non sentono l’urgenza di aprirsi al nuovo che avanza.
Per tale ragione diventa più che mai urgente il libero accesso alla Rete per tutti, affinché si possa essere partecipi di un futuro che viaggia ormai a una velocità incontrollabile.
Internet non vuole tagliare col passato, Internet vuole comunicare col passato per ampliare e tutelare la società della conoscenza, per rendere tutti protagonisti attivi della vita sociale e politica.

Signori della politica smettetela di trattarci come se fossimo dei giovincelli scapestrati che sperano di cambiare il mondo con il rock and roll. Noi siamo venuti ieri a casa vostra per farvi un regalo e non vi siete neanche degnati di scartarlo.
Voi non avete la più pallida idea delle risorse e della potenza del web, pensate sia un giochino divertente che nasce con Facebook e che muore nelle foto condivise sui social network.

Non abbiate paura, la rete è qui anche per voi, provate a conoscerla, incontrarla e diffonderla.
Se la politica è amministrazione della cosa pubblica, quale strumento migliore del web può restituire la voce della cosa pubblica?
La sua legislazione è intrinseca alla natura stessa della rete e parla di diffusione, condivisione e trasparenza. Se le leggi nascono (o almeno così dovrebbe essere) dalla negoziazione e dal confronto indirizzato al bene collettivo, viene da sé che non c’è luogo più democratico del web dove dare vita a una giusta regolamentazione.

Signori della politica, facciamo così, noi non ci offendiamo per la spocchia che ci avete dimostrato, ma almeno prometteteci che vi sforzerete di conoscere la Rete. Lo diciamo per voi, per permettervi di governare meglio e di ricevere in cambio onori e glorie dalla comunità che avete il privilegio di amministrare.
Ieri abbiamo fatto un passo piccolo piccolo, ma rilevante.

Forse vi abbiamo fatto pure un po’ pena, forse anche più di quanto voi a noi.
Ma non siamo incazzati, perché la rabbia spesso obnubila la mente ed è necessario più che mai essere lucidi e prudenti.
La strada è ancora lunga e in salita, ma forse siamo riusciti a instaurare un dialogo.

Skinput il TouchSkin

skinputNon ho mai amato le persone tattili, quelle, cioè, che necessitano di un’ interazione tattile a supporto dei propri disperati tentativi di attrarre l’altrui attenzione.

Insomma, il tatto non è tra i miei sensi preferiti. In casi di confidenza moderata tra gli esseri umani, il tatto mi infonde meno sensazioni e suggestioni di quanto possa fare uno sguardo, un odore o un sapore.
O forse più semplicemente i miei recettori vanno “oleati” un po’…

La mia freddezza per la tattualità si trasforma in manifesta avversione per ogni forma di touchscreen, primi fra tutti lo schermo tattile più glam che esista, quello dell’iPhone!
Per non sentirmi più dire come sei lenta sono costretta a nascondermi in angoli bui e persino in anfratti perigliosi pur di non mettere a repentaglio una reputazione geek che faticosamente sto cercando di costruire giorno dopo giorno.

E proprio mentre sconsolata cedo all’idea di una mia prossima conformazione a tale dispositivo, ecco che trovo in rete evoluzioni stupefacenti di forme di interazione tattile!

Sto parlando nel nuovo dispositivo Skinput che consiste in un touchscreen di pelle umana! Che detto così fa rabbrividire, nella realtà si tratta di utilizzare il corpo umano come schermo su cui proiettare tutte le informazioni attraverso un semplice pico projector come questo. Per fruire di tale tecnologia è necessario indossare una fascia dotata di microtrasduttori che misurano la pressione del contatto.
E ovviamente a tale congegno non si può certo negare una fruibilità wireless!

Ci adegueremo anche a questo! E’ proprio ‘na fatica potersi fregiare del titolo onorifico di geek ;)

Animazione e Oscar 2010

E dopo aver recuperato Logorma, ecco qui di seguito gli altri corti d’animazione che si sono contesi la statuetta del 2010.

Franch Roast di Fabrice Joubert

A matter of Loaf and Death Wallace and Gromit di Nick Park

Granny O’Grimm’s Sleeping Beauty scritto da Kathleen O’Rourke e diretto da Nicky Phelan

The Lady and The Reaper (La dama y la muerte), diretto e scritto da Javier Recio Gracia

Al voto, al voto!

pericleNon voglio entrare nel merito della legalità o no del decreto salvaliste, ma sento l’urgenza di urlare la mia indignazione verso l’indignazione scomposta manifestata dal Popolo Viola sabato in Piazza del Pantheon e domenica in Piazza Navona a Roma.
Chiacchiere, bandiere di partito, come se la legalità appartenesse solo a una classe politica e poi tanta, troppa retorica che culmina con la lettura del Discorso di Pericle agli Ateniesi di Tucidide! Ma sfortunatamente non siamo nel 461 a.C e i valori a cui ci dobbiamo appellare costituiscono un baluardo dal quale partire per evolvere verso una strategia d’azione illuminata e riformista.
Questo confronto impari va avanti da troppi anni, e loro, quelli che affermano, sbraitando da palchi improvvisati, di condividere i miei stessi valori di democrazia, laicità e legalità, non procedono mai.
Stremati da un allenamento eterno, si crogiolano e si autocelebrano nell’eloquenza accademica e altisonante.
Non ne posso più di questi intellettualismi al caviale!!!

Ormai non ci resta che l’ultimo appiglio al diritto di partecipazione: il voto! E contro il disfattismo (seppur comprensibile) di coloro che ritengono che il voto non abbia alcun valore perche’ nessun valore hanno le persone da votare, sono convinta che esercitare tale diritto diventa sempre più indispensabile!
Mi ricorda il mio amico Andrea le parole universali di Martin Luther King: “La non collaborazione al male è un obbligo come lo è la collaborazione al bene.”
“Chi accetta il male passivamente è responsabile quanto chi lo commette.”

E sempre Andrea sottolinea l’urgenza di scegliere, scegliere, anche il meno peggio, ma scegliere!
Schierarsi, smuovere, fare qualcosa! Il “tutti fanno schifo” e il “tanto il voto mio che cambia?”, in questa situazione altamente compromessa di democrazia, equivalgono al dare via libera ad una china ancor più dolorosa.

Siamo passati dallo Stato di Diritto allo Stato contro il diritto, ha esordito Emma Bonino dalla Piazza del Pantheon, abbiamo dissipato la stima dell’Europa e molti italiani  hanno perso la fiducia in un paese migliore, lasciandosi andare a inettitudine e apatia politica .

Ma l’Italia non si riconosce più nella politica delle astuzie e dei raggiri e ha fame di legalità e giustizia.
Per favore, andiamo tutti al votare!